Come la storia ci dice, i diritti non sono mai acquisiti una volta per tutte. Sono sempre insidiati, a rischio. La loro non è mai una vicenda pacificata. Il loro riconoscimento formale ci parla sempre di una battaglia vinta, ma immediatamente apre pure la questione del loro rispetto, della loro efficacia, del loro radicamento. I diritti diventano così, essi stessi, strumenti della lotta per i diritti”

Stefano Rodotà, “Il diritto di avere diritti”

Magistrati, avvocati, professori universitari e delle scuole, esperti di giustizia riparativa, professionisti di diverse categorie, insieme per promuovere nella città di Milano spazi di confronto e di crescita della cultura dei diritti, offrendo alla società civile modelli positivi e di aggregazione.

In una società e in un’epoca dove appare vincente un modello fondato sull’odio e sulla paura, che conduce verso un impoverimento culturale a ogni livello e a una crescente riduzione dei diritti, la risposta deve essere quella, invece, di parlare con forza e determinazione di Diritti, una strada per accrescere una cultura civica orientata a tessere legami fra le persone.

Siamo partiti a gennaio 2020 con un ciclo di incontri e iniziative in diversi luoghi della città sui temi del carcere e della giustizia riparativa. Hanno fatto seguito, nel corso dell’anno e coi vincoli imposti dalla situazione sanitaria conseguente al Covid-19, una sessione dedicata alle materie dell’immigrazione e della protezione internazionale e un gruppo di appuntamenti incentrati sul lavoro e l’ambiente.

Si tratta di macroaree di riferimento, per affrontare anche argomenti connessi, che racchiudono in sé l’importanza di riconoscere diritti, non di sottrarli.
Il progetto ha l’obiettivo di mettere in luce come i diritti non debbano soltanto essere affermati ma occorre che diventino anche oggetto di dialogo, di confronto di pensieri e narrazioni, all’interno di spazi democratici e costituzionali, una materia viva, che prende forma nelle relazioni con gli altri, anche a partire da idee, orientamenti, appartenenze, culture differenti.

La sfida è proporre modelli propositivi ed aggreganti, non in contrapposizione, ma in termini, appunto, positivi.

Nell’età del ritorno dei Malvolio di montaliana memoria un semplice prendere le distanze non può bastare, non è più possibile una “fuga immobile” anzi può rappresentare una scelta immorale, un disimpegno colpevole. Oggi non è più tempo di tacere, è tempo di prendere una posizione perché ogni esitazione potrebbe mettere a rischio le grandi conquiste culturali del secondo dopoguerra

Massimo Cacciari, “Intellettuali di tutto il mondo Unitevi”